TWO SEATS CARS
DINO 196 S
A prima vista sembra una 250 Testarossa un po’ più piccola ma se si guarda con attenzione la presa d’aria trasparente sopra ai carburatori si nota che le trombette di aspirazione sono sei e non dodici. La forma della carrozzeria era quella in voga negli anni 1958-’60 ed infatti la ritroveremo anche nell’altra versione di vettura sport con motore Dino, la 246 S. Nella versione di due litri di cilindrata il motore poteva dare ottime prestazioni ed infatti la vettura ha ottenuto numerose vittorie di classe prima di lasciare il posto alla più potente versione 246.
FERRARI DINO 296 S
Dotata del motore bialbero, la 196 S viene portata al debutto da Collins il 7 aprile 1958 a Goodwood. Il propulsore viene modificato in monoalbero a V6 di 60° per le gare di durata nelle stagioni 1959 e 1960. Ne fu realizzata anche una versione da 2,4 litri, la 246 S, nel 1960. La 296 S era anch’essa dotata del motore V6, portato alla cilindrata di 1983,72 cm3. Tutte e tre le vetture sono carrozzate Scaglietti e Fantuzzi.
FERRARI DINO 246 S
Come la versione di due litri di cilindrata anche quella col motore derivato dal tipo di F1 è stata realizzata con una carrozzeria simile alla 250 Testa Rossa dello stesso periodo. Questa versione ha debuttato nel gennaio del 1960 alla 100 km di Buenos Aires in occasione della Temporada Argentina con l’equipaggio Scarfiotti-Gonzalez. Due esemplari hanno preso parte alla Targa Florio arrivando secondo e quarto. Nelle mani di piloti privati hanno continuato la loro attività mentre i piloti ufficiali utilizzavano esclusivamente la 250 Testa Rossa.
FERRARI 246 SP
Presentata durante la conferenza stampa del 1961, suscita lo scalpore dei giornalisti convenuti: per la prima volta una Ferrari propone il motore in posizione centrale. La carrozzeria si presenta innovativa: gli studi condotti da Carlo Chiti utilizzando la galleria del vento e la nuova collocazione dell’unità motrice consentono un marcato abbassamento del cofano anteriore che rende la linea rivoluzionaria. La prima vittoria giunge nello stesso anno sul durissimo circuito delle Piccole Madonie, dove Olivier Gendebien si aggiudica la Targa Florio.
FERRARI 196 SP
La tradizionale conferenza stampa di inizio stagione nel febbraio del 1962 è stata l’occasione per presentare una intera serie di modelli sport competizione a motore posteriore che, in quel momento, fecero passare quasi inosservata la nuova berlinetta 250 GT destinata a diventare la mitica 250 GTO. Tra i modelli sport c’era il tipo 196 SP con motore non di tipo Dino ma derivato come una metà del 330 di cui conservava le dimensioni principali. La carrozzeria delle vetture sport presentava la caratteristica doppia presa d’aria anteriore inaugurata sulle monoposto del 1961.
FERRARI DINO 166 P
Torna il nome Dino per una vettura sport prototipo di soli 1600 cm3 ed una carrozzeria che ricorda le grandi macchine della serie P. Molto veloce e maneggevole è stata impiegata in alcune gare di durata ottenendo la vittoria in una gara a Vallelunga con Baghetti ed un onorevole quarto posto assoluto alla 1000 km del Nürburgring guidata da Baghetti e Biscaldi dove era stata addirittura terza davanti ad un buon numero di vetture della concorrenza con cilindrata doppia o tripla. L’evoluzione di questa vettura doveva portare alla realizzazione del successivo tipo 206 P.
FERRARI DINO 206 SP
Questo modello si può definire come una versione aperta e con il motore maggiorato rispetto al tipo Dino 166 P: costruito in un solo esemplare con la carrozzeria “barchetta” e la precisa funzione di partecipare alle gare in salita del Campionato Europeo della Montagna, grazie alle sue caratteristiche di potenza e leggerezza ha permesso al pilota Ludovico Scarfiotti di vincere quattro gare ed aggiudicarsi il titolo.
LE MONOPOSTO
156 F2
Grazie alle sue prestazioni sportive riporterà la Ferrari ai massimi livelli e darà vita ad una nuova marca, la Dino appunto molto importante anche sul piano industriale, non solo per le vetture prodotte a Maranello ma anche quelle Fiat dotate di un motore appositamente derivato. Grazie a questo accordo la Ferrari ha potuto utilizzare in F2 il motore che, per regolamento, doveva avere il monoblocco di un modello di serie.
La prima vettura ad utilizzare questo motore è la monoposto per la F2 che debutta nel 1957 così che si conviene datare in quell’anno anche la nascita del nuovo propulsore. Il progetto di base, come sempre è avvenuto, ha visto poi numerose varianti che hanno dato vita a nuovi tipi di vetture nelle cui descrizioni viene annotato il riferimento alle loro origini.
326 MI
Denominata 500 Miglia di Monza fu disputata sulla parte ovale del circuito con le curve sopraelevate. La Ferrari si presentò a questa gara con due vetture e la Maserati con una. La Ferrari monoposto con la sigla 326 MI che significa motore di 3200 cm3 6 cilindri per la sfida Monza-Indianapolis, era dotata di una versione derivata dal motore Dino con la maggior cilindrata che era possibile ottenere su questo monoblocco. Venne affidata al pilota americano Phil Hill il quale tuttavia non poté portare a termine la prima delle tre manches in cui era divisa la gara a causa di problemi di accensione, ed ebbe poi l’opportunità di guidare la seconda monoposto iscritta a Monza.
246 F1
Dal progetto originale del Dino di F2 è derivato quasi subito quello per la F1 dove un nuovo motore più leggero e potente sia dei vecchi quattro cilindri sia dell’otto cilindri derivato Lancia era urgentemente necessario. Lo schema con 6 cilindri a V di 65° gradi doppio albero a camme in testa per ciascuna bancata e doppia accensione è lo stesso del tipo per la F2 da cui deriva con piccole modifiche dettate dalle esigenze di montaggio sulle vetture. Il 246 la cui sigla sottintende 2,4 litri di cilindrata e 6 cilindri è stato messo in pista nel 1958 debuttando al G.P. d’Argentina il 19 gennaio, ed ha permesso al pilota inglese Mike Hawthorn di aggiudicarsi il titolo di campione del mondo.
E’ stato un anno tanto ricco di successi quanto di eventi tragici. Il titolo Piloti torna alla Ferrari ma la stagione è segnata dagli incidenti in cui perdono la vita Luigi Musso, a Silverstone, e Peter Collins, al Nürburgring. Due sono le vittorie: in Francia con Hawthorn ed in Gran Bretagna con Collins. La grande avversaria è la Vanwall di Stirling Moss, che si aggiudica la prima edizione della Coppa Costruttori.
256 F1
A parte il motore che venne utilizzato in alternativa al tipo 246 il nuovo modello presentava la novità dei freni a disco, applicati in via sperimentale nel 1958 ma definitivamente adottati nel 1959. Persi i suoi piloti di punta, la Ferrari si affida a Tony Brooks, che giunge al secondo posto nella classifica finale alle spalle dell’australiano Jack Brabham (Cooper-Climax). Le macchine di Maranello hanno ancora il motore in posizione anteriore e cominciano a trovarsi in difficoltà contro le vetture inglesi con motore posteriore. Brooks è in lotta per il titolo fino all’ultima gara, conquistando la vittoria in Francia ed in Germania. Non aiuta la Casa di Maranello uno sciopero che la costringe a rinunciare al Gran Premio di Gran Bretagna su una pista dove aveva ottenuto una doppietta poche settimane prima nella Aintree 200.
246 P F1.
L’unica vittoria arriva proprio alla fine della stagione: a Monza tre Ferrari concludono la gara ai primi tre posti, rispettivamente con i due americani Phil Hill e Richie Ginther ed il belga Willy Mairesse. Hill è il primo ferrarista nella classifica Piloti (5°) mentre in quella Costruttori la Ferrari è terza.
Tuttavia il fatto più interessante è che nel Gran Premio di Monaco debutta una vettura con motore posteriore – la 246 P F1- prima Ferrari di questo tipo, che arriva sesta con Richie Ginther. La strada era ormai indicata dalle vetture inglesi ed anche Enzo Ferrari a malincuore aveva accettato che i cavalli andassero dietro al carro e non più davanti. Questa vettura progettata dalla squadra dell’ingegner Carlo Chiti era impostata bene, tanto è vero che è servita di base per la successiva versione 156 F2 dello stesso anno e per la 156 F1 del 1961.
156 F2
Prefigurazione della vettura di Formula 1 sviluppata l’anno dopo, nel 1961, la 156 F2 debuttò al Gran Premio della Solitude, su un circuito stradale nei pressi di Stoccarda; Von Trips riuscì ad avere la meglio su ben quattro Porsche e tre Lotus, facendo ben sperare per il campionato dell’anno successivo, che vide il trionfo della vettura configurata per la F1.
156 F1
La macchina della vittoria è la nuova monoposto derivata dalla F2 dell’anno prima, di cui conserva tutte le caratteristiche salvo il nuovo motore con l’angolo di 120° tra le due file di cilindri e non più duello di 65° della serie Dino. Questa soluzione consente di abbassare il baricentro migliorando la stabilità. Anche l’aspetto della vettura è cambiato, grazie al muso affusolato e dotato di due prese d’aria inclinate. Con qualche modifica la stessa vettura viene impiegata nel 1962 ma con risultati più modesti.
Cinque sono le vittorie (tre con Phil Hill, una ciascuno con Wolfgang Von Trips e Giancarlo Baghetti) su otto Gran Premi disputati. Il titolo se lo giocano il pilota tedesco e quello americano a Monza: l’esito è tragico, perché la vettura di Von Trips vola fuori pista, causando la morte di 13 spettatori. Hill, ignaro della morte del suo amico e compagno di squadra, conquista gara e mondiale ma la sua gioia scompare al rientro ai box.
156 F1 – 63
Un nuovo pilota, John Surtees, riporta la Ferrari al successo in un Gran Premio, vincendo al Nürburgring, ma non basta a battere la Lotus di Jim Clark. Due sono le innovazioni che caratterizzano la 156 modello 1963: un telaio parzialmente monoscocca, ossia con le lamiere esterne rivettate sulla struttura tubolare portante e che in tal modo contribuiscono alla resistenza complessiva ed il motore dotato di alimentazione ad iniezione diretta sviluppato con la collaborazione del tecnico svizzero May che utilizza la pompa Bosch ad alta pressione. Tuttavia questi perfezionamenti non bastano a dare una superiorità convincente, tanto è vero che l’iniezione diretta, utilizzata peraltro anche sul motore V 8 verrà poi abbandonata.
Fonti: Ferrari Register – copyright sulle foto – revisione testi e creazione Filippo Gamba